I nuovi “risultati”: Lessici aggiornati per nuove definizioni di successo
A noi, ci ha fregato Callaghan.
L’ispettore, quello dei film. Il duro, solo contro tutti.
E mica solo lui: tutta quella narrativa epico-solitaria, dagli esempi più alti fino a Ralph Supermaxieroe, nelle repliche di Italia 1.
Ci hanno raccontato che un uomo vero (per le donne uguale, eh, da Wonder Woman a Caroline Ingalls) ha un’idea chiara, un obiettivo unico, una tenace forza di volontà e una salutare tendenza ai paraocchi relazionali: si va da soli fino alla fine.
Qualche dubbio, in realtà, ci era venuto da un po’. La realtà sembrava diversa, vivendola. Abbiamo tenuto duro, ma ormai dobbiamo arrenderci. Ci hanno preso in giro.
La vita della gente normale non funziona così, l’eroe solitario di solito è un disadattato pieno di pasticche (se non peggio) che cerca il successo, che lui definisce come il raggiungimento di quell’unica meta (di solito una roba che ha a che fare col denaro, in una qualsiasi declinazione), come compensazione a una vita grama, di poche gioie, molte preoccupazioni e saltuarie soddisfazioni random.
Questo lo abbiamo imparato (o lo stiamo imparando) sulla carne viva, eh.
La modalità più frequente della comunicazione social è il lamento.
Sia nella vita personale, sia – e per certi aspetti ancora di più – in quella professionale.
Casi della vita, incidenti di carriera, necessità o voglia di mettersi alla prova su percorsi nuovi ci portano nei panni dell’eroe solitario, e le vite intorno a noi raccontano una storia molto diversa da quella dei film.
Vediamo che, anche con chiarezza di idee, e degli obiettivi coerenti e saldi, spesso il successo non è raggiungibile. Il contesto cambia in modo rapidissimo e imprevedibile, i mezzi e le tecniche diventano insufficienti, non adatti, spuntati. Il cammino solitario è frenato da barriere all’accesso, farraginosità normative (volute), meritocrazia assente, “regole non scritte” incomprensibili e punitive.
Gli obiettivi restano velleitari, i risultati (dal fatturato in giù) latitano. Il sistema si grippa, perde spinta, l’uomo solo si ferma.
Forse è il momento di ridefinire il concetto di “risultato”.
Se fino a ieri ragionavamo come un navigatore, in cui “giungere a destinazione” era l’unico risultato concepibile come accettabile, oggi lo schema è saltato. E’ come se le strade, le case, i quartieri si spostassero mentre viaggiamo, e contemporaneamente la nostra auto cadesse a pezzi, necessitando di pezzi di ricambio introvabili, che ci costringono a una specie di bricolage alla McGyver, in cui raffazzoniamo accrocchi tenuti insieme col filo di ferro ma che ci permettono di proseguire, poca estetica e tanto ingegno.
Da soli non si può. Servono squadre, alleanze. Forse nei “Guerrieri della notte” c’erano già dei suggerimenti a cui non abbiamo dato attenzione, sviati dal mainstream: vinciamo quando abbiamo intorno a noi persone capaci di interazioni positive, che poi si consolidano in relazioni. Nuclei di buona volontà collettiva che si adattano a un contesto mutevole, per sostenere persone simili, con visioni analoghe, riconosciuti come compagni di viaggio.
Non è una roba retorica, è una strategia per i tempi complessi che viviamo. Un modo per incrementare le nostre possibilità di sopravvivere, per ripartire i carichi economici ed emotivi su una base più ampia, aumentando la superficie di appoggio e diminuendo la pressione. E anche un metodo per uscire dalla visione a tubo, superfocalizzata, che ci nasconde risorse e opportunità che ci sono, ai margini del campo visivo, ma che normalmente ci sfuggono, perché la nostra attenzione è tutta altrove.
Ecco il nuovo concetto di “risultato”, non la destinazione unica del viaggio, ma tutto ciò che incontriamo lungo il percorso, e che ha valore per noi, cose e persone, dove per valore intendiamo “qualcosa che mi renda più facile raggiungere il mio obiettivo finale”. Il risultato del nostro muoverci diventa così la creazione di un gruppo, e poi di una squadra, e poi di una community, che resta l’arma più potente che ci resta, oggi, contro il boss cattivo del videogame in cui ci tocca muoverci.
Ne riparleremo.
Ci hanno fregato il testosterone (o qualunque altro ormone femminile equivalente) e la traduzione di “failure”… se non ce la fai a realizzarti da solo sei uno sfigato!!!
La condivisione contiene molti ingredienti per il superamento degli ostacoli, ma presuppone aver fatto propri due concetti fondamentali:
– Fiducia (condividere non significa mettere il tuo collega o (presunto) competitor in condizione di approfittare del tuo know how gratis, ma mettere a disposizione di tutti il modo di resistere e vincere. La PMI piemontese in generale questo non lo ha ancora capito…).
– Disponibilità (il tempo è tiranno per tutti, ma correre sulla ruota del criceto non è il modo migliore per impiegarlo… dedicare tempo a crescere insieme è ottimizzare).
Sembra facile, ma richiede un cambio di paradigma che costa sacrificio molto più del semplice “mugugno”.
Molti credono di potersi salvare da soli, ripetendo le azioni e le scelte del passato.
Se non sei disponibile a cedere un po’ di controllo, a condividere certe decisioni, il miglior risultato a cui puoi ambire è trovare qualcuno a cui dare la colpa delle tue sfortune, imprenditoriali e personali.
A moltissimi basta questo, però.
La scommessa: mostrare che la frase seguente è vera.
“UN GRUPPO DI PERSONE, CHE SI MOTIVA VICENDEVOLMENTE, E’ IN GRADO DI FARSI CARICO DEI MOMENTI NEGATIVI DEI PIU’ DEBOLI”.
Non è uno storytelling di buoni sentimenti, è autoconservazione, è la consapevolezza ancestrale che salvare l’anello debole evita che si spezzi la catena di tutti, è la condotta che abbiamo tatuata nel cuore, quella che l’evoluzione ha premiato, quella che ci ha portati tutti qui.
Un immagine forte che rimane impressa: strade e quartieri che si muovono mentre vengono attraversati. La forza della communìty in questo scenario è tangibile: si guarda avanti e ci si aiuta nell’orientamento, ci si rinforza e si procede.
Elemento non da poco: si può scivolare, oltre la retorica del fallimento. Durante il Covid innumerevoli sono i casi di singoli professionisti o imprenditori che hanno potuto superare un momento molto critico anche grazie alle dinamiche di supporto reciproco che si instaurano quando si sente appartenenza.
Soltanto per la citazione ai Guerrieri della Notte questo post andrebbe incorniciato (absit iniuria… nulla a che vedere coi “corniciai” dell’aria fritta che spopolano fra gli utenti di bocca buona).
Ma, abbastanza ovviamente, Massimo Bocca vale la pena leggerlo anche per il resto del contenuto e seguito e “campanellato”.
Comunque anche Lui ha avuto bisogno di una squadra di 12… Per cui, fidatevi, le Community servono a tutti.
Io la fregatura l’ho presa con Perry Mason!
Meno male che poi ho “conosciuto” John Grisham e i “suoi” avvocati!, un bel miscuglio di tradizione e pragmatismo.
Perry Mason è l’eroe solitario, che salva gli innocenti (perché TUTTI i suoi clienti sono, sempre, innocenti).
Gli avvocati di Grisham sono meno eroi, ma sanno “fare squadra”, e raccontano anche di cadute e riscatti.