Piccola regola presso me stesso.

Ho parlato di leve, un po’, su Linkedin e sul mio canale personale, qui.
Aggiungo qualcosa che è rimasto indietro, e lo scrivo nel canale della community perché mi piace pensare che possa essere condiviso, se non altro come spunto per una riflessione.

Ciao, mi chiamo Massimo, ho 56 anni e sono un annoiato.
Proprio stufo, per dirla tutta. In particolare, stufo dell’inesauribile filone del lamento, decinaia e decinaia di post del tipo “Ecco, guardate, CATEGORIAX fa o dice COSAX, a me COSAX non piace, a me piace COSAY, e siccome A ME piace COSAY allora CATEGORIAX dovrebbe fare COSAY”.

Si percepisce il salto logico carpiato arrotolato atterrato sulla nuca, vero?

Le persone fanno quel che meglio ritengono, dati i loro obiettivi e contesti.
A meno che noi non siamo titolari di un potere coercitivo, che può costringere le persone a fare quello che NOI riteniamo meglio, a prescindere dalla loro opinione, tutta la conversazione diventa quindi una spudorata, barbara perdita di tempo. E io ho deciso da un po’ che tutto questo tempo da perdere non ce l’ho, e se ce l’ho voglio comunque perderlo meglio.

Per questo motivo, in qualunque discussione media diurna (la sera le condizioni possono variare, e si possono affrontare i massimi sistemi, soprattutto se c’è dell’alcol in tavola e se tutti sono consapevoli che lo scopo della conversazione è la conversazione stessa) in cui si indichi un fenomeno negativo o sgradevole io mi chiedo COSA POSSO FARE IO.

Io, qui, ora, dove sono, nei quattro metri quadri che posso raggiungere con le mani, nella mia zona di influenza, in cui la mia volontà può tradursi in un’azione che ha almeno la possibilità di generare effetti visibili nella direzione del contrasto del fenomeno detto.
Cosa posso fare IO, concretamente, per migliorare la MIA situazione o per raggiungere i MIEI obiettivi? Anche se questi sono parte di obiettivo gigantesco, di portata sociale globale, in cosa IO posso dare un contributo reale, per quanto limitato, da solo o con qualcuno che posso coinvolgere?

Questa discussione, lei sì, vale per me il tempo che ci metto dentro. Il resto è cazzeggio – che va benone se le persone sono giuste, se il contesto lo permette, e se non ci sono cose serie e urgenti da fare – o, non raramente, è un alibi, per non guardare a cosa posso fare io, nascondendomi dietro a quello che, SECONDO ME, dovrebbero fare gli altri, per farmi contento e darmi la possibilità di sentirmi a posto con la mia coscienza e la mia immagine sociale.

Change my mind.

2 commenti
  1. Silvia Scozzafava
    Silvia Scozzafava dice:

    Una riflessione importante, che mi porta a riconsiderare il modo in cui mi pongo, e pongo i problemi che mi stanno a cuore. Percé a volte i problemi che ci stanno a cuore ci portano a subire la nostra frustrazione e a rimanerci incastrati dentro, senza capire che la semplice esternazione della frustrazione non è la leva in grado di promuovere il nostro punto di vista ed eventualmente stimolare un cambio di prospettiva da parte di chi non la pensa come noi…
    Essere nel qui e ora significa anche accettare il contesto in cui si opera, e focalizzarsi sul cambiamento possibile, per piccolo che sia.

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  2. Pier Paolo
    Pier Paolo dice:

    Massimo, dovrebbero farti un monumento. Anzi no, che poi si lamentano anche di quello.
    Hai descritto perfettamente l’arte nobile del “lamentarsi con dignità”, che ormai è sport nazionale.
    E hai fatto un crimine: hai riportato l’attenzione su ciò che possiamo fare noi, e non su ciò che gli altri “dovrebbero fare per farci contenti”.
    Così non vale!
    Scherzi a parte, il tuo “cosa posso fare io, qui, ora” dovrebbe diventare materia obbligatoria nei corsi di sopravvivenza contemporanea.
    Grazie per aver tolto la polvere a un concetto semplice quanto rivoluzionario: l’azione individuale conta. Anche senza hashtag.

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